Introduzione
Il piede costituisce la porzione più distale dell’arto inferiore. In esso si distinguono la caviglia, che media la continuità con la gamba, il tallone, che rappresenta l’estremità posteriore del piede, il metatarso, che costituisce la porzione anteriore del piede, e cinque dita. Le dita dei piedi non possiedono una nomenclatura comune documentata; fa eccezione il solo alluce, omologo del pollice; iIn ambito scientifico si è soliti numerare le dita del piede, così che in senso medio-laterale, le dita del piede sono dette primo dito, secondo dito, etc.

La componente scheletrica

Lo scheletro del piede è costituito dall’articolazione di 20 ossa (22 se si comprendono le ossa sesamoidi costanti del piede). Questo numero può peraltro variare nel singolo individuo per la presenza di uno o più sesamoidi incostanti o di alcune ossa dette ossa accessorie del piede.

Lo scheletro del piede può essere suddiviso, analogamente a quanto avviene per lo scheletro della mano, in tre gruppi di ossa con caratteristiche simili: il tarso, il metatarso e le falangi.

– Il tarso contribuisce a formare lo scheletro della caviglia e del tallone, e presenta alcune omologie con il carpo della mano, essendo costituito da sette ossa che occupano tutte la metà prossimale del piede. Nel tarso si distinguono due file di ossa, delle quali la prima, detta fila prossimale o fila posteriore del tarso, è formata dal talo e dal calcagno, e l’altra, detta fila distale o fila anteriore, è formata, procedendo in senso medio-laterale lungo un piano coronale, dalle tre ossa cuneiformi, dall’osso scafoide del piede e dall’osso cuboide. Tutte le ossa del tarso sono ossa brevi, con un asse maggiore rivolto in senso antero-posteriore (tranne l’osso navicolare, dall’asse maggiore rivolto in senso medio-laterale).

– Il metatarso contribuisce a formare la metà anteriore del piede ed è costituito da 5 ossa dette ossa metatarsali che fanno da tramite tra il tarso e le falangi che compongono lo scheletro delle dita del piede. Le ossa metatarsali sono ossa lunghe in cui si distinguono due epifisi (una prossimale e una distale) e una diafisi. Le diafisi delle ossa metatarsali sono curve con convessità rivolta verso il dorso del piede e concavità rivolta verso la pianta, contribuendo così, alla formazione della volta plantare del piede.

– Le due ossa sesamoidi costanti del piede, distinte in mediale e laterale, sono comprese nei tendini del muscolo flessore breve dell’alluce.

– Le falangi del piede sono infine 14 piccole ossa lunghe che formano le dita del piede. A parte l’alluce, costituito da 2 sole falangi, tutte le altre dita del piede sono formate da tre falangi (ma a volte anche il 5° dito è costituito da 2 falangi).

Le ossa accessorie
In un ristretto numero di individui si possono osservare ossa soprannumerarie, dette accessorie. Le più importanti sono:

– Le ossa intermetatarsali, di forma triangolare o allungata, che si collocano sulla superficie dorsale del piede tra le basi di due ossa metatarsali adiacenti. Si possono ritrovare fino a quattro ossa intermetatarsali denominate in senso medio-laterale primo, secondo, terzo e quarto osso intermetatarsale.

– Le ossa intercuneiformi, di forma triangolare, che si collocano sulla superficie dorsale del piede tra due ossa cuneiformi adiacenti Si possono ritrovare fino a due ossa intercuneiformi denominate in senso medio-laterale primo e secondo osso cuneiforme.

– Le ossa talo-navicolari si collocano tra la superficie posteriore all’osso navicolare e la testa del talo. Si possono ritrovare fino a due ossa intercuneiformi delle quali una superiore, detta osso talo-navicolare dorsale ed una inferiore, detta osso talo-navicolare plantare.

– Altri ossi accessori: l’osso triangolare, l’osso del sustentacolo, l’osso tibiale esterno, l’osso calcagno secondario, l’osso vesaliano del piede, la pars peronea metatarsalis e l’osso cuboide secondario.

Le articolazioni
Le articolazioni del piede si instaurano tra le 26 ossa che ne compongono lo scheletro. In base al segmento del piede considerato si distinguono:

Articolazioni della caviglia
Articolazioni del tarso
Articolazioni del metatarso
Articolazioni delle dita
Articolazioni della caviglia e del tarso

Articolazione tibio-peroniera distale

L’articolazione tibo-peroniera distale si instaura tra la superficie articolare tibiale della fibula e l’incisura fibulare della tibia ed è rinforzata dai legamenti tibio-fibulari anteriore, posteriore e interosseo.

Articolazione tibio-tarsica o tibo-astragalica

L’articolazione tibio-astragalica è una articolazione mobile, che si instaura tra la troclea dell’astragalo e le faccette articolari distali della tibia e del perone, unite dal legamento tibio-fibulare interosseo. La capsula articolare dell’articolazione si tende anteriormente tra il margine anteriore della superficie articolare astragalica della tibia e il margine anteriore della superficie articolare tibiale dell’astragalo. Medialmente tra la superficie mediale del malleolo mediale della tibia ed i margini della superficie articolare malleolare mediale dell’astragalo. Posteriormente si tende tra il margine posteriore della superficie articolare astragalica della tibia e il margine posteriore della superficie articolare tibiale dell’astragalo. Lateralmente si tende tra la superficie laterale del malleolo laterale del perone e i margini della superficie articolare malleolare laterale dell’astragalo. Il legamento tibio-fibulare interosseo, infine, chiude superiormente la cavità articolare dell’articolazione tibio-astragalica unendo la tibia al perone.

Articolazione astragalo-calcaneale

L’articolazione astragalo-calcaneare o talo-calcaneare è costituita da due artrodie che si instaurano tra le superfici articolari calcaneari del talo e le superfici articolari astragaliche del calcagno. Si distinguono pertanto un’articolazione astragalo-calcaneare posteriore, più grande e indipendente ed un’articolazione astragalo calcaneare anteriore, più piccola.

L’articolazione astragalo-calcaneare posteriore si instaura tra la superficie articolare astragalica posteriore del calcagno, leggermente convessa, e la superficie articolare calcaneare posteriore dell’astragalo, leggermente concava. Queste superfici, di forma pressoché triangolare, presentano una base rivolta anteriormente lungo il margine posteriore del seno del tarso e un apice smusso rivolto posteriormente verso il processo posteriore del talo, dal quale originano i legamenti posteriori dell’articolazione. La capsula articolare quindi si tende, posteriormente, tra il margine posteriore della superficie articolare calcaneare posteriore del talo e il margine posteriore della superficie articolare astragalica posteriore del calcagno mentre, anteriormente, si tende tra il solco del talo ed il solco del calcagno.

L’articolazione astragalo-calcaneare anteriore si instaura invece tra la superficie articolare astragalica anteriore del calcagno, leggermente concava, e la superficie articolare calcaneare anteriore del talo, convessa e continua anteriormante con la superficie articolare navicolare del talo. Queste superfici sono di forma pressoché ovale ed il loro margine posteriore si dispone lungo il margine anteriore del seno del tarso.La capsula articolare è costituita posteriormente dal solo legamento astragalo-calcaneare interosseo mentre sui lati continua con la capsula articolare dell’articolazione talo-navicolare. Ne consegue che anteriormente le due cavità articolari comunicano ampiamente.

Articolazione mediotarsale dello Chopart

L’articolazione dello Chopart, detta anche articolazione mediotarsale, è costituita dall’articolazione delle ossa del tarso posteriore con le ossa del tarso anteriore. Sebbene trattata come un’unica articolazione, in essa è possibile riconoscere due distinte articolazioni delle quali una mediale, detta articolazione astragalo-navicolare o talo-navicolare, ed una laterale, detta articolazione calcaneo-cuboidea.

L’articolazione astragalo-navicolare si instaura tra la testa dell’astragalo e la cavità articolare della superficie prossimale dello scafoide. La capsula articolare dell’articolazione astragalo-navicolare, delimitata anteriormente dal navicolare e posteriormente dall’astragalo, si tende tra il collo dell’astragalo e il margine superiore, mediale e laterale della cartilagine articolare astragalica del navicolare. Inferiormente invece, laddove l’astragalo poggia sull’osso calcaneare, la capsula si inserisce sul margine anteriore del sustantacolo astragalico del calcagno. Ne consegue che in questo punto l’articolazione astragalo-navicolare si continua posteriormente nelle articolazioni astragalo calcaneare anteriore e media.

L’articolazione calcaneo-cuboidea si instaura tra la superficie distale del calcagno e la superficie prossimale dell’osso cuboide. La capsula articolare si tende quindi tra i margini delle cartilagine articolari delle due ossa.

L’articolazione mediotarsale permette di descrivere una linea articolare, detta linea mediotarsale o linea dello Chopart, che separa il tarso anteriore da quello posteriore.

Articolazione scafo-cuboidea

L’articolazione scafo-cuboidea si instaura tra la superficie laterale dello scafoide e la porzione posteriore della superficie mediale dell’osso cuboide. Lo scafoide e il cuboide sono quindi tenuti assieme dal legamento scafo-cuboideo interosseo, che colma lo spazio compreso tra le due ossa, dal legamento scafo-cuboideo-plantare, che si tende tra le superficie dorsali delle due ossa e dal legamento scafo-cuboideo dorsale, che si tende tra le superficie plantari delle due ossa.

Articolazione cuneo-cuboidea

L’articolazione cuneo-cuboidea si instaura tra la superficie laterale del terzo osso cuneiforme e la porzione anteriore della superficie mediale dell’osso cuboide. Quindi il cuboide e il terzo cuneiforme sono tenuti assieme dal legamento cuneo-cuboideo interosseo che colma lo spazio compreso tra le due ossa, dal legamento cuneo-cuboideo plantare, che si tende tra le superficie plantari delle due ossa, e dal legamento cuneo-cuboideo dorsale, che si tende tra le superficie dorsali delle due ossa.

Articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc

L’articolazione tarso-metatarsale, detta anche articolazione del Lisfranc, è formata da più articolazioni, tutte artrodie, distinte in

Articolazioni tarso-metatarsali proprie, che si stabiliscono tra ciascuna delle ossa metatarsali e le ossa del tarso che con essa si articolano.
Articolazioni intermetatarsali, che si stabiliscono tra le faccette articolari intermetatarsali della base delle ultime quattro ossa metatarsali.
Allo stesso modo si possono individuare più porzioni della capsula articolare:

una porzione tarso-metatarsale, che origina dai margini delle faccette articolari metatarsale del cuboide e dei tre cuneiformi e si inserisce ai margini delle faccette articolari tarsali della base delle ultime quattro ossa metatarsali.
una porzione intermetatarsale, che si tende tra i margini delle faccette articolari intermetatarsali della base delle cinque ossa metatarsali.
Sebbene trattata come un’unica articolazione, in essa è possibile riconoscere tre porzioni aventi distinta capsula articolare.

L’articolazione tarso-metatarsale mediale, che si instaura tra il primo osso cuneiforme ed il primo osso metatarsale. Talvolta può essere completata inferiormente dalle due ossa sesamoidi comprese nei tendini del muscolo flessore breve dell’alluce e del muscolo adduttore dell’alluce.
L’articolazione tarso-metatarsale intermedia, che si instaura tra secondo e terzo osso cuneiforme, da un lato, e secondo e terzo osso metatarsale dall’altro. Medialmente la base del secondo osso metatarsale non presenta una cartilagine articolare. Allo stesso modo, lateralmente, terzo e quarto osso metatarsale non presentano una reciproca superficie articolare.
L’articolazione tarso-metatarsale laterale, che coinvolge l’osso cuboide e le ultime due ossa metatarsali.
Analogamente all’articolazione mediotarsale, l’articolazione tarso-metatarsale permette di descrivere una linea articolare, detta linea tarso-metatarsale o linea del Lisfranc, che separa il tarso anteriore dalle ossa metatarsali.

Articolazioni del metatarso

Articolazioni intermetatarsiche
Sono le articolazioni che si instaurano tra le faccette articolari intermetatarsali della base delle ossa metatarsali adiacenti e sono comprese nell’articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc.

Articolazioni metatarso-falangee
Sono articolazioni che si instaurano tra il condilo della testa di ciascuna delle ossa metatarsali e la cavità glenoidea della relativa prima falange. La cavità glenoidea è completata sul margine plantare da una fibrocartilagine articolare, la fibrocartilagine glenoidea.

La capsula articolare, originando dai margini della cartilagine articolare del condilo della testa dell’osso metatarsale, si inserisce lungo il margine della cartilagine articolare della cavità glenoidea della prima falange e della fibrocartilagine glenoidea.

Articolazioni delle dita

Articolazioni interfalangee
Un’articolazione interfalangea è un ginglimo angolare che connette due falangi e si instaura tra la troclea della testa delle falange più prossimale e la cavità glenoidea della base della falange più distale tra le due.

La cavità glenoidea della base della falange più distale è completata sul margine plantare da una fibrocartilagine articolare, detta fibrocartilagine glenoidea.

La capsula articolare, originando dai margini della troclea della testa della falange più prossimale, si inserisce al margine della cartilagine articolare della cavità glenoidea e della fibrocartilagine glenoidea della base della falange più distale.

In ciascun dito del piede si individuano due articolazioni interfalangee:

un’articolazione interfalangea prossimale o prima articolazione interfalangea, che si instaura tra prima e seconda falange di un dito.
un’articolazione interfalangea distale o seconda articolazione interfalangea, che si instaura tra seconda e terza falange di un dito.
Fa eccezione l’alluce, nel quale l’unica articolazione interfalangea presente si instaura tra la falange prossimale e la falange distale dell’alluce.

Accesso peri-articolare

Spazio subacromiale – via anteriore

Questo accesso è indicato in caso di dolore o versamento o ridotta mobilità articolare. Il paziente deve trovarsi in posizione seduta, con le braccia rilassate e ad avambraccio flesso. I punti di repere sono costituiti dal margine inferiore dell’acromion e dall’articolazione acromio-claveare. L’ago va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo, sotto il margine dell’acromion (circa a 1 cm dalla coracoide), e va mantenuta una lieve inclinazione verso l’alto e l’esterno della rima gleno-omerale.

Spazio subacromiale – via posteriore

Questo approccio è indicato in presenza di dolore concentrato a livello del tendine del muscolo sovraspinato. Il paziente deve stare seduto, a braccia rilassate e ad avambraccio flesso. Il punto di repere è costituito dal margine inferiore posterolaterale dell’acromion, mentre il sito d’iniezione – dove infiggere l’ago è rappresentato dall’inizio della curvatura anteriore dell’acromion, dove va cercato il punto di minore resistenza.

Spazio subacromiale – via laterale

Sei vi è una borsite subacromiale si ricorre a questo approccio. Il paziente deve stare seduto, con avambraccio flesso. Occorre localizzare il solco acromio-omerale. Il sito di iniezione è rappresentato dall’inizio della curvatura anteriore dell’acromion, cercando il punto di minore resistenza. L’ago va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo e si deve mantenere una lieve inclinazione di pochi gradi in direzione craniale.

Tendine del capo lungo del bicipite

In presenza di una tendinite bicipitale, si fa sedere il paziente, con il gomito esteso e il braccio extraruotato. Quindi, si localizza il punto più dolente a livello della gola bicipitale e vi si inserisce l’ago con un’inclinazione di 10-15° rispetto al piano cutaneo, in direzione prossimale, parallelamente alla gola bicipitale. Attenzione: l’ago va retratto se si incontra resistenza all’infiltrazione per non correre il rischio di iniettare la soluzione dentro il tendine.

Area del processo coracoideo

La presenza di dolore in quest’area può essere dovuto a tendinite dell’inserzione del pettorale minore e del coracobrachiale, ma anche a sintomi da dolore proiettato alla sinistra dello stomaco e del cuore o da zone riflesse a destra del colon ascendente e dell’area del fegato. Si deve percepire una grossa protuberanza localizzaa circa 1-2 cm sopra la clavicola: è il processo coracoideo. L’ago va inserito verticalmente 2-3 cm sotto il margine inferiore della protuberanza palpabile e la soluzione contenuta nella siringa va somministrato a ventaglio, anche nel periostio.

Nervo sovrascapolare

La terapia infiltrativa mirata al nervo sovrascapolare è indicata in caso di capsulite acuta o cronica dell’articolazione gleno-omerale. Tale processo infiammatorio può essere dovuta a traumatismi, artrosi o poliartrite reumatoide, ma può anche essere secondario ad affezioni neurologiche o a diabete. Si manifesta con dolore nella regione del deltoide che può irradiarsi verso il basso e verso la mano. Il nervo sovrascapolare attraversa l’incisura sovrascapolare nella fossa sovraspinata e si dirige lateralmente per contornare il collo della spina della scapola, terminando nella fossa sottospinata. Innerva il sovraspinato e il sottospinato ed emette rami verso l’articolazione della spalla e l’acromioclavicolare. Le iniezioni a questo livello sono utili quando le iniezioni intra-capsulari non hanno avuto successo. La tecnica: il paziente deve essere seduto, appoggiato sulle braccia in posizione neutra; va identificata l’estremità laterale della spina della scapola, ci si sposta medialmente di un terzo della sua lunghezza e si segna un punto a un dito al di sotto della fossa soprascapolare; si inserisce l’ago perpendicolarmente alla fossa e si entra a contatto con l’osso; si inietta la soluzione in bolo.

Borsa subacromiale

Questa borsa si situa essenzialmente sotto l’acromion, ma la sua grandezza è molto variabile, e può estendersi distalmente all’inserzione del deltoide. La borsa può comunicare con la capsula dell’articolazione gleno-omerale. In caso di borsite cronica – causata da sovrauso prolungato o traumatismo – si ha dolore della regione del deltoide, spesso di scarsa intensità ma molto prolungato. La terapia infiltrativa prevede che il paziente stia seduto, con le braccia rilasciate sui fianchi per allontanare l’omero dall’acromion; identificare il bordo laterale dell’acromion; inserire l’ago nel punto mediano dell’acromion e orientarlo leggermente verso l’alto, sotto l’acromion, per introdurlo per tutta la sua lunghezza; ritirare leggermente l’ago e iniettare in bolo quando non si trova più resistenza. È importante dopo bendare la spalla in posizione di retrazione per due settimane; in seguito, quando il dolore sarà sparito, si potranno iniziare esercizi di rotazione laterale. I risultati di questo intervento – considerato il più diffuso in medicina ortopedica – sono considerati eccellenti. In caso di calcificazioni nella borsa, percepite come resistenza dura, si può ricorrere a un ago di grosso calibro con anestetico locale.

Tendine del sovraspinato

Il tendine del sovraspinato si inserisce sulla faccia superiore della grande tuberosità dell’omero che si situa in linea diretta con l’epicondilo laterale del gomito. Una linea che unisce i due punti attraversa il tendine che, in caso di tendinopatia cronica da sovraimpiego, causa dolore della regione deltoidea. La tecnica: il paziente è seduto, con gli avambracci rivolti medialmente; si identifica il tendine nell’incrocio tra l’acromion e la tuberosità, in linea diretta con l’epicondilo laterale; si inserisce l’ago perpendicolarmente attraverso il tendine, fino a contatto con l’osso; si inietta la soluzione a ventaglio, perpendicolarmente dentro il tendine (anche se molti non sono d’accordo su tale pratica). In seguito va osservato un riposo di almeno 2 settimane; quindi si potranno riprendere esercizi progressivi di controllo della postura.

Tendine del sottospinato

I tendini del sottospinato e del piccolo rotondo si dirigono vero l’alto e lateralmente e si inseriscono insieme nelle faccette medie e inferiori della faccia posteriore della grande tuberosità dell’omero. La tendinopatia cronica da sovrautilizzo porta a dolore nella regione del deltoide. La tecnica: il paziente è seduto o disteso, con le braccia sostenute ad angolo retto e mantenute in adduzione completa e in rotazione laterale; si identifica l’angolo posteriore dell’acromion: l’inserzione tendinea si situa allora a 45° sotto e lateralmente, in allineamento diretto con l’epicondilo laterale del gomito; si inserisce l’ago nel punto mediano del tendine, a livello della sua inserzione; si attraversa il tendine, fino a contatto con l’osso; si inietta la soluzione a ventaglio in due raggi in alto e in basso, lungo la giunzione osteotendinea. Consigliato poi un riposo di 2 settimane. A volte la lesione più che sulla giunzione osteotendinea si situa nel corpo del tendine: occorre allora inserire l’ago più medialmente, in corrispondenza di un’area sensibile. Inoltre, può capitare che coesista una borsite subacromiale: in questi casi è meglio infiltrare prima la borsa e solo in seguito, se i sintomi persistono, infiltrare il tendine.

Tendine e borsa del sottoscapolare

Il tendine del sottoscapolare si inserisce sul bordo mediale della piccola tuberosità dell’omero. È costituito da una struttura fibrosa di consistenza ossea alla palpazione. La borsa sottoscapolare è posta in profondità del tendine, davanti al collo della scapola e comunica solitamente con la capsula articolare della spalla. È sempre molto sensibile alla palpazione, anche quando non è infiammata. In caso di tendinopatia o borsite acuta o cronica da sovrautilizzo o traumatismo, si ha dolore nella regione del deltoide o davanti alla spalla. Il paziente deve stare seduto con le braccia lungo i fianchi, tenute a 45° di rotazione laterale; si identifica il processo coracoideo; ci si sposta lateralmente per percepire la piccola protuberanza della piccola tuberosità, facendo girare passivamente il braccio; si deve segnare la faccia mediale della tuberosità e si inserisce l’ago in questo punto, con una lieve angolazione laterale, fino al contatto osseo all’inserzione del tendine o in un piano sagittale attraverso il tendine per penetrare dentro la borsa. In seguito, va mantenuto il riposo per una settimana. In caso di infiammazione congiunta della borsa e del tendine, si possono infiltrare entrambi nello stesso momento, cominciando con un’iniezione a ventaglio nel tendine, da attraversare per poi infiltrare la borsa.

Capo lungo del bicipite

Il capo lungo del bicipite si situa in una guaina, nel solco bicipitale tra la grande e la piccola tuberosità. Si può palpare con le dita poste sul solco, domandando al paziente di contrarre il muscolo. La tendinopatia cronica, causata di solito da sovraimpiego, si manifesta con dolore della parte superiore e anteriore dell’omero. Tecnica infiltrativa: far mettere il paziente seduto, con i gomiti ad angolo retto; identificare la zona sensibile del tendine; inserire l’ago perpendicolarmente alla superficie cutanea nella parte più alta della zona sensibile, poi orientare l’ago verso il basso, parallelamente al tendine; iniettare la soluzione in bolo entro il tendine e la guaina. Raccomandare il riposo per una settimana.

Accesso intra-articolare

Articolazione acromio-claveare

L’infiltrazione in questa articolazione si effettua nei pazienti affetti da artrosinovite acuta (artrite reumatoide, osteoartrite, condrocalcinosi). Con il paziente seduto, si individuano la linea articolare superiore della spalla e l’estremità distale della clavicola. Il sito di iniezione è rappresentato dallo spazio articolare tra processo acromiale e clavicola. L’ago, verticale, va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo.

Articolazione scapolo-omerale

Sempre in caso di artrosinovite acuta, si può ricorrere a questa via. Il paziente dev’essere seduto, mentre vanno cercati i punti di repere: l’acromion, la clavicola e l’apice del processo coracoideo. Il sito di iniezione, in cui l’ago deve penetrale verticalmente e perpendicolarmente al piano cutaneo, è esattamente laterale e prossimale a tale processo, circa 1-2 cm sotto la clavicola. Per evidenziarlo, tenere il braccio abdotto e porre in trazione l’omero verso l’esterno per aprire lo spazio tra omero e glena omerale.

Articolazione gleno-omerale

La cosiddetta “spalla congelata” è costituita da una capsulite acuta o cronica che interessa l’articolazione gleno-omerale. Di solito è determinata da un trauma oppure da artrosi o poliartrite reumatoide. Determina dolore nella regione del deltoide che può irradiarsi in basso verso la mano. Una linea obliqua immaginaria si muove in avanti dall’angolo posteiore dell’acromion verso il processo coracoideo attraverso l’articolazione della spalla. L’ago, su questa linea, attraversa il deltoide, il sottospinato e la capsula posteriore. La tecnica infiltrativa: il paziente è seduto, con le braccia conserte sul petto in modo che si aprano gli spazi articolari posteriori; si identifica l’angolo posteriore dell’acromion con il pollice e il processo coracoideo con l’indice; si inserisce l’ago direttamente sotto l’angolo e lo si fa progredire obliquamente in avanti, verso il processo coracoideo, fino a che l’ago entri in contatto della cartilagine intra-articolare; si inietta la soluzione in bolo. Di solito una iniezione è sufficiente, ma possono servire ripetizioni: ricorrere allora a intervalli crescenti (1 settimana, 10 giorni, 2 settimane) fino a 6 iniezioni in 2 mesi circa.

L’articolazione metatarsofalangea per la sua particolare struttura anatomica richiede l’impiego di un ago da insulina e meno di un ml di prodotto da iniettare. L’infiltrazione va eseguita con il ginocchio piegato ed il palmo del piede completamente appoggiato al lettino.